30/04/2024 – S. Giuseppe Benedetto Cottolengo

“In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».” (Giovanni 14,27-31a).

#unità #Pace

A meditare questo discorso di Gesù rivolto ai discepoli e ripreso da noi oggi dopo la sua resurrezione, si rimane sbalorditi.

Gesù sembra aver scritto il suo testamento spirituale e averlo letto ai suoi discepoli affinché colgano il senso della sua presenza, il valore della sua missione, il motivo del dialogo profonda tra Padre e Figlio.

Di questo passo evangelico cogliamo l’espressione iniziale: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.”.

Oh si, abbiamo bisogno di pace in tutti i sensi. Non una pace solamente rispetto alla follia della guerra ma soprattutto una pace interiore, che ci faccia pregustare “cieli nuovi e terra nuova”.

Questo nostro mondo invece va all’incontrario. Preferisce la competizione, la sopraffazione, la potenza che schiaccia. Non abbiamo capito ancora che tutto questo fa parte dell’effimero. Quello che conta è amare e credere nel sacrificio, parola desueta nei nostri linguaggi e nel nostro fare. 

Immagine: Cristo Crocifisso – produzione di scuola francese – Chiesa della Fraterna Domus in Sacrofano.

30/04/2024 – S. Pio V, S. Giuseppe Benedetto Cottolengo e S. Riccardo Pampuri – Rito Ambrosiano

Giovanni 10,31-42

In quel tempo. Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo.

Il Signore Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?».

Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».

Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre».

Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase.

Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

#pietreperlapidare #figliAmati

Non ti lapidiamo per un’opera buona ma per una bestemmia“.
Anche noi forse, come i Giudei, raccogliamo pietre per lapidare Gesù:
Quando l’immagine che abbiamo nel cuore non corrisponde all’immagine del Padre misericordioso che ci viene incontro.
Quando come il figlio maggiore non riusciamo a vivere la gioia di essere figli e ci sentiamo schiavi.
Quando come il figlio minore cerchiamo Gesù per un nostro bisogno e non per coltivare la relazione con Lui.
Quando il cuore non è in sintonia con lo stile di Gesù e con la sua ferma decisione di andare a Gerusalemme ed è proprio quel Crocifisso in cui siamo invitati a mettere le nostra dita che è Risorto. La nostra fede passa da questi chiodi.

Se non credete in me credete alle opere perché sappiate e conosciate il Padre“.
Ogni giorno siamo chiamati a riconoscere quelle opere che ci costruiscono nell’identità di figli amati.
Dio è all’opera nella vita di ciascuno e cammina con noi. Stiamo sintonizzati.

Quali pietre abbiamo tra le mani? 

29/04/2024 – S. Caterina da Siena, Patrona d’Europa

“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.” (Matteo 11,25-30).

#abbracciocherustora

Le letture della liturgia della Parola in questo giorno ci consegnano alcune riflessioni che ci possono aiutare in questo tempo di fatica, di fragilità, di progressiva lontananza del mondo da D-o.

Noi pensiamo di bastare a noi stessi. Ed invece constatiamo che siamo finiti in un vicolo cieco.

Ecco allora che Gesù ci dice di non preoccuparci. Lui si porta il peso delle nostre incapacità e delle nostre infedeltà.

Ci fa, inoltre, capire che solo un abbraccio di vero amore ristora le nostre inconsistenze.

Ed allora affidiamoci, facciamoci accompagnare dalla sua Parola e dal suo sacrificio eucaristico.

Immagine: Anonimo – Santa Caterina da Siena , XVI sec.

29/04/2024 – S. Caterina da Siena – Rito Ambrosiano

Mt 25, 1-13

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi.

Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”.

Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.

Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”.

Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.

Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”.

Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

#vergini #attesa #fragilità

Le dieci vergini disposte per aspettare lo sposo.
Le vergini rappresentano l’intera umanità, siamo tutti noi. Il Regno dei cieli è pieno di persone che hanno i loro talenti, ma anche le loro debolezze. Ci è stato fatto il dono della fede e della carità da impiegare per tenere accese le lampade in attesa dello Sposo che è Cristo.

Il ritardo imprevisto dell’arrivo dello sposo
Spesso ci capita di non vedere risultati agli sforzi che impieghiamo o risposte alle domande che abbiamo, ci si sente stanchi, la lunga attesa diventa irresistibile e ci addormentiamo, la stanchezza che ci fa crollare.

Le diverse reazioni dinanzi al ritardo dello sposo
Sentirsi pronti vuol dire avere olio, fare la scorta di ciò che conta nella vita cioè quanto amore metto in quello che faccio, o sono indifferente. Questo aiuta ad attraversare anche la notte della fragilità e di conseguenza la mia esperienza non può essere trasferita o ceduta agli altri, è esperienza d’amore che diventa radicalmente mia, altrimenti si cede alla lamentela.

Il destino delle fanciulle prudenti e di quelle senza giudizio.
Si è stolti quando si pensa di non avere nessuna debolezza con cui dover fare i conti; è impiegare tutta la vita a voler eliminare la fragilità, rimanere svegli a tutti i costi senza alzare lo sguardo oltre, concentrati esasperatamente su di sè. Quando arrivano le difficoltà non si sa dove sbattere la testa, perché tutto davanti agli occhi sembra sbarrato.

La raccomandazione finale di Gesù per tutti noi.
Sii coraggioso e non superficiale, sappi guardare oltre te, vivi pienamente e concretamente il momento presente, cerca con l’aiuto dello Spirito Santo che ti è sempre vicino dove passa Dio nelle tue giornate, anche nelle cose più piccole, così ti accorgerai che la lampada è sempre accesa.

La vera differenza non sta quindi nel fatto di essere sempre all’altezza delle situazioni, ma nell’avere consapevolezza della propria fragilità e quindi proprio per questo imparare ad essere previdenti.

28/04/2024 – 5ª Domenica di Pasqua – L’Evangelo delle Donne

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato”. (Giovanni 15,1-81)

#portarefrutto #esserediscepoli

Scrivo questo commento col cuore pieno di gioia e gratitudine al termine della XVIII assemblea nazionale. 

La nostra vita si intreccia al Vangelo e all’inizio di questo nuovo triennio per la nuova associazione ci da in maniera così semplice, chiara e ed inequivocabile, un augurio bellissimo: “che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. 

Di questo augurio mi piace in particolare il verbo divenire e non essere. Perché essere discepoli è sempre in divenire, è un percorso che si fa ogni giorni. E io auguro a tutte le persone, socie di AC, e non solo responsabili,  di fare dei piccoli passi ogni giorno, guidati dallo Spirito e dall’amore bello che si respira in AC, per diventare sempre e sempre di più discepoli di Cristo che sanno portare frutto, grazie a Lui!

@ludovica