13/04/2024 – S. Martino I vescovo e martire

“Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».
Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.” (Giovanni 6,16-21).

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L’episodio evangelico che la liturgia ci propone, racconta l’avventura dei discepoli che in mezzo al mare fanno fatica ad approdare. C’è un forte vento, il mare è agitato, ma per quanto remino non riescono a toccare terra.

Da distante vedono Gesù che cammina sulle acque e viene loro incontro. Sono impauriti. Gesù si avvicina a loro e con poche vogate toccano terra. “Sono io, non abbiate paura” è il moto che si incardinerà nella missione dei discepoli.

Questo breve brano ci invita a riflettere su due grandi aspetti del nostro cammino di fede.

Il primo è il sentirsi accompagnati, da Gesù Maestro e Signore.

Il secondo riguarda il modo di affrontare i temi della vita. I cristiani si distinguono dal non aver paura. Bisogna essere coraggiosi in questo nostro tempo.

Immagine: Giovanni Lanfranco – Gesù cammina sulle acque – XVI secolo 

13/04/2024 – S. Martino I – Rito Ambrosiano

Giovanni 3,31-36

In quel tempo. Giovanni diceva: «Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero.

Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.

Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui».

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Giovanni il Battista, ancora una volta, è in grado di donare una chiara e sincera testimonianza del suo compito, anzi la risposta che dà ai suoi discepoli rivela come sia riuscito a portarlo a termine: il precursore di Gesù rivela un messaggio di salvezza per l’umanità che non nasce con lui e non finisce in lui, ma viene consegnato al Cristo, al Figlio di Dio che lo porterà a compimento.

La libertà di Giovanni è dimostrata dall’aver capito che egli era lo strumento che preparava la strada: nonostante il consenso che si era creato e l’autorevolezza della sua parola non si è mai sostituito al messaggio, identificandosi sempre in colui che indicava la strada e mai con la strada. Questa consapevolezza lo porta a vivere nella libertà il suo servizio, libertà che gli permette di leggere con lucidità l’origine della potenza della Parola del Signore.

Lo intuiamo ancor più nella risposta del Battista (vv. 27 di questo capitolo 3) ai suoi discepoli: ”Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è dato dal cielo”. Questo ci consola nel momento in cui viviamo una situazione di fallimento magari di carattere educativo, quando avvertiamo la nostra mediocrità: la persona che desideriamo aiutare a crescere è anzitutto amata da Dio, è Lui che la educa!

Libertà e gioia scaturiscono dunque dalla capacità di Giovanni il Battista, come leggiamo in questo terzo capitolo del Vangelo di Giovanni, di accettare chi lui è: l’amico dello sposo.
Amicizia dentro la quale si può diminuire e trovare in questo una gioia piena. Questa è la sua ultima testimonianza prima del suo martirio: un amore più grande di ogni progetto personale che permette di annunciare come si può nascere dall’alto a partire dalla nostra umanità.